Duplicatio scacherii
C'era una volta un ricchissimo Principe
indiano che soffriva di una terribile malattia: la noia. Un giorno annunciò a tutti che avrebbe
donato qualunque cosa
a colui
che fosse riuscito a farlo divertire. A corte si presentò
uno stuolo di personaggi
ma nessuno riuscì a guarirlo e il principe deperiva ogni giorno di più. Un
giorno si fece avanti un mercante di nome Sessa, famoso per le sue invenzioni. Sessa aprì una scatola, estrasse una tavola
con disegnate 64 caselle, caselle bianche alternate a caselle nere, vi appoggiò sopra 32
figure di legno variamente intagliate, e si rivolse al nobile reggente: "Vi
porgo i miei omaggi, o potentissimo Signore, nonché questo gioco di mia
modesta invenzione. L' ho chiamato il gioco degli scacchi".
Il Principe
si accorse con stupore che
il gioco lo divertiva e che era guarito dal suo terribile male. Memore della promessa chiese all'inventore quale ricompensa
desiderasse. Il mercante, con aria dimessa, chiese un chicco di grano
per la prima casella della scacchiera, due chicchi per la seconda, quattro
chicchi per la terza, e via a raddoppiare fino all'ultima casella. Stupito da
tanta modestia, il Principe diede ordine affinché la richiesta del mercante
venisse subito esaudita, ma la quantità di grano risultava uguale alla quantità ottenibile coltivando una
superficie più grande della stessa Terra! Non potendo esaudire
la richiesta del mercante e non potendo neppure sottrarsi alla parola data, il Principe
diede ordine di giustiziare immediatamente l'inventore degli
scacchi.
In effetti il numero di chicchi risultante è
264-1
, pari a
9.223.372.036.854.775.808
Di
questa leggenda appare un accenno anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri,
dove viene adoperata dal poeta per dare un' idea al lettore del numero
degli Angeli presenti nei cieli:
L'incendio suo seguiva ogne scintilla
ed eran tante, che 'l
numero loro
più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.
Paradiso,
XXVIII, 91-93
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