|
con
il contributo di Giuseppe Pea,
esperto di didattica dell'informatica nella scuola
|
|
|
|
Linformatica nei programmi
curriculari
Cercando
di interpretare i recenti orientamenti ministeraili relativamente
all'introduzione dell'Informatica nella scuola, si possono fare
le seguenti riflessioni:
-
L'Informatica è auspicata, ma non come disciplina autonoma,
almeno per quanto riguarda la scuola di base (attualmente elementari
e medie). Ciò significa che si tratta prevalentemente
di una accezione strumentale dell'Informatica, che non prevede
la presenza di insegnanti con competenze specifiche. Questo
orientamento tutto sommato riflette quanto già sperimentato
da alcuni anni nei principali paesi Europei (si veda il Dossier
"Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione nei
sistemi educativi in Europa" redatto dalla CommissioneEuropea
in collaborazione con Euridice e Eurostat, Febbraio 2000) e
la possibilità di saper cogliere e valorizzare i contributi
culturali dell'Informatica e di sfruttarne le potenzialità
formative ricadrà sugli insegnanti delle discipline curriculari.
-
Dal punto di vista di ogni disciplina che preveda l'uso degli
strumenti informatici si tratterà di sviluppare un nuovo
modo mentale per affrontare i problemi tipici di quella disciplina,
problemi che potrebbero avere poco a che fare con i concetti
e le metodologie proprie dell'Informatica. Senza sottovalutare
in alcun modo il ruolo formativo di queste attività,
è invece importante sottolineare che esse non garantiscono
di per se un contributo allo sviluppo di una cultura informatica;
in particolare non richiedono un approccio altrettanto rigoroso
di quello necessario a dominare i problemi tipici dell'Informatica.
-
Lo studio dell'Informatica come disciplina scientifica autonoma
potrebbe essere eventualmente introdotto utilizzando gli spazi
di autonomia che saranno lasciati ai diversi Istituti (anche
se resta ancora da verificare quanti vincoli che incidono su
questa potenziale autonomia saranno posti, per esempio, a livello
regionale).
Informatica ricca
e Informatica povera
Secondo
la percezione comune, l'Informatica di oggi è prevalentemente
legata alla multimedialità che, mettendo in maggior rilievo
gli aspetti relativi alla comunicazione, rischia di rimanere principalmente
confinata nell'ambito linguistico. Le attuali modalità
di interazione con le macchine sono state concepite allo scopo
di permetterne l'utilizzo anche agli utenti meno acculturati.
In questo modo tutti possono servirsi del computer, però
per fare altre cose, non per fare informatica. In quest'ottica
si sono collocate di preferenza la maggior parte delle proposte
didattiche, in particolare quelle al di fuori della matematica:
l'informatica è stata proposta in questo senso per migliorare
lo studio delle lingue, nell'educazione artistica e anche nell'educazione
musicale. Si fa cioè uso di strumenti informatici per affrontare
i problemi della lingua, che sia la lingua straniera o la lingua
madre non ha importanza, per impadronirsi di nuovi linguaggi artistici
oppure grafici, per fare musica.
Questi
sviluppi hanno spostato l'informatica da un dominio prevalentemente
matematico (come è stato nel passato) ad un dominio che
tende ad essere pervasivo di tutte le attività scolastiche,
di tutte le discipline. In questo spostamento però si perde,
per quanto riguarda l'impostazione metodologica e l'educazione
informatica, in rigorosità; e si perde sia sul versante
formativo, sia sul versante logico. È vero che si continuerà
ad affrontare questo problema nell'ambito della matematica, come
si è sempre fatto anche attraverso l'informatica, ma si
aggiungono delle modalità di utilizzo degli strumenti che
sono in qualche modo meno rigorose, in quanto cercano di sfruttare
lo strumento il più possibile come tale, al di là
del fatto che si capisca o non si capisca che cosa accade all'interno
dello strumento: l'importante è ottenere dei risultati;
in che modo poi si siano ottenuti e per quale motivo non ha altrettanta
importanza. È un po' la logica della patente di guida,
per conseguire la quale all'inizio si doveva conoscere la macchina
come tale: i principi della sua meccanica, il funzionamento del
motore, e così via; poi ci si è accontentati di
conoscere come si deve guidare: galateo e segnaletica stradale,
abilità di coordinamento, ecc. Anche per l'informatica
si sta andando in una direzione che privilegia attività
che potremmo definire "di coordinamento manuale" (non
a caso l'esame relativo all'uso di strumenti informatici, riconosciuto
a livello Europeo, è denominato European Computer Driving
Licence, cioè Patente Europea "di guida del computer",
http://www.aicanet.it/ecdl.htm). Cioè lo strumento informatico
come una qualunque macchina, un qualunque elettrodomestico che
noi utilizziamo per ottenere dei lavori, non per crescere cognitivamente,
non per conquistare delle capacità mentali elevate.
A
questo punto è forse opportuno fare un discorso sull'informatica
un po' controcorrente, cioè contro la concezione prevalentemente
associata alla multimedialità, allo strumento per potenziare
le capacità comunicative. Se poi la multimedialità
viene affrontata in modo spontaneo da parte del bambino, ma anche
da parte dell'insegnante, attraverso strumenti di fruizione multimediale
abbastanza semplici, come per esempio gli strumenti di presentazione
che si prestano ad interazioni multimediali "ad effetto"
dal punto di vista prettamente comunicativo, allora corriamo il
rischio di impastare tante cose senza capirvi niente e senza favorire
alcuna crescita mentale: si tratterebbe solo di un'improvvisazione
comunicativa da cui né l'adulto né tanto meno il
bambino potranno trarre un significativo beneficio. Portare la
comunicazione al livello multimediale attraverso simili strumenti
può essere bello, e può apparire anche gratificante
per il bambino, ma cosa aggiunge sul piano della formazione? Ilproblema
che dobbiamo affrontare quando proponiamo qualcosa attraverso
strumenti informatici è: che cosa vogliamo dare all'allievo?
Ciascun insegnante può ovviamente rimanere all'interno
della propria disciplina, perché questo è l'uso
dell'informatica suggerito dagli attuali orientamenti della politica
scolastica. Il discorso però si presenta abbastanza complesso,
perché disponiamo di numerosi strumenti informatici di
notevole potenza e quindi anche una mente piuttosto intuitiva
è in grado di ottenere risultati appariscenti sul piano
della creazione di qualcosa di "informatico": riesce
cioè ad ottenere dei bei risultati, ma non a formarsi una
impostazione mentale adatta per andare oltre quei risultati spontanei.
Quello che dobbiamo fare noi invece, come educatori, è
cominciare a concepire una educazione mentale che permetta di
superare il livello di superficialità delle facili forme
di comunicazione multimediale che sono così spontanee,
per arrivare a creare qualcosa che sia veramente importante dal
punto di vista formativo.
Si
impongono ora alcune questioni.
1.
Gli insegnanti conoscono i fondamenti di informatica per poter
impostare in modo rigoroso un percorso didattico che tratti (anche)
di informatica? Perché se gli insegnanti stessi non hanno
queste basi, in che modo possono comunicare contenuti informatici
agli allievi? La domanda ha un senso perché la formazione
di parecchi insegnanti, in particolare della scuola elementare,
è una formazione che non ha contemplato mai alcunché
di informatico. Almeno non secondo il normale curriculum di preparazione
(non per colpa degli insegnanti, quindi, ma per le caratteristiche
delle strutture scolastiche). E non è certamente garantito
che gli insegnanti delle scuole medie abbiano affrontato argomenti
di informatica nel corso degli studi universitari. Nasce quindi
il problema di acquisire, da parte degli insegnanti, la capacità
di riflettere sulla propria conoscenza informatica e di capire
se è adeguata a questi obiettivi didattici o se deve essere
integrata. Gli insegnanti che vogliono portare avanti assieme
un discorso informatico, condividendo strumenti e materiali, si
devono anche preoccupare di una forma di aggiornamento informatico,
almeno per accertarsi che quando si parla di determinate cose
tutti intendano in modo corretto, per condividere una stessa impostazione
iniziale. Dopo, i modi di fare e le metodologie possono diversificarsi,
ma tutti devono partire da una stessa base. Capire i principi
di base del funzionamento di un computer, per esempio, non è
affatto difficile, e non serve essere dei tecnici o degli ingeneri:
basta cominciare a familiarizzare con l'argomento e, una volta
scoperte le idee fondanti, la macchina non si presenterà
più come uno strumento estraneo o magico, ma semplicemente
come uno strumento che funziona in un certo modo, avendo capito
come e perché funziona in quel modo. Conoscere questi principi
è di fondamentale importanza.
2.
L'accenno ai principi di funzionamento dell'elaboratore introduce
il versante delle conoscenze e della cultura informatica. Ma va
qui sottolineato che l'informatica come fatto culturale non può
e non deve sfociare sempre nel computer. Questa è un'altra
cosa estremamente importante: si può fare molta cultura
informatica senza avere il computer davanti, senza nemmeno pensare
a un computer. Questo può essere difficile da capire per
gli insegnanti che non hanno avuto significative esperienze riguardo
al modo in cui si risolvono i problemi tipici dell'informatica.
In tal caso tende a prevalere lo stereotipo secondo cui l'informatica
nella scuola è concepibile solo se c'è un laboratorio
con tutti i computer e con tutto il software, e se c'è
qualcosa che non va in un computer allora sembra che non si possa
più fare informatica. Sul piano culturale il discorso sull'informatica
è più articolato: c'è la parte rivolta al
computer, ma c'è anche la parte che può fare a meno
di esso. Una decina di anni fa, le due informatiche venivano identificate
con i termini "informatica ricca", quella con il computer,
e "informatica povera", quella senza il computer. Ora
qusta terminologia va man mano scomparendo, non perché
abbiano perso di significato, ma perché si tende ad escludere
la cosiddetta informatica povera. L'informatica ricca si sta oggi
imponendo come unico concetto di informatica, e questo rischia
di avere conseguenze negative perché prima di cominciare
a lavorare con il computer ci sono tante cose da fare sul piano
della formazione mentale, proprio attraverso l'informatica povera,
povera nel senso che non fa spendere tanti soldi, ma che è
invece estremamente ricca nel senso del processo formativo.
3.
Il contrasto tra informatica ricca e povera è un problema
ampiamente dibattuto in questi anni e probabilmente continuerà
ad essere dibattuto per molti altri perché gli studenti,
gli allievi, non vogliono fare l'informatica povera, preferiscono
stare al computer quando si parla di informatica. Allora, e paradossalmente,
per fare informatica povera è importante non dire che si
sta facendo informatica.
4.
Se si condivide l'importanza del contributo formativo che può
venire dall'informatica povera, ci si deve anche chiedere se informatica
povera può essere fatta in tutte le discipline o è
caratteristica di una specifica disciplina o di un gruppo di discipline.
Infatti, fin qui l'informatica povera è stata patrimonio
degli insegnanti di matematica, o comunque di insegnanti specializzati
(qui ci riferiamo soprattutto alle scuole elementari), cui veniva
affidato il compito di affrontare i concetti e le metodologie
dell'informatica sul piano proprio e non su quello strumentale.
Rispondere alla domanda posta sopra è particolarmente importante
se la cultura informatica deve essere portata avanti da tutti
gli insegnanti, qualunque sia la disciplina di cui si occupano:
in che modo gli insegnanti di lingua, per esempio, possono portare
avanti la parte povera dell'informatica? In che modo gli insegnanti
di educazione tecnica? O è meglio piuttosto limitarsi agli
insegnanti di matematica come nel passato? Per gli insegnanti
di lingua, per esempio, ci sono degli agganci per un motivo molto
semplice: tutto ciò che ha a che fare con l'informatica
ha a che fare con gli strumenti linguistici. Anche se si ritiene
che la lingua sia cosa diversa rispetto ai linguaggi, agli strumenti
linguistici, posizione per molti versi condivisibile, in ogni
caso restano degli agganci a diversi livelli, per esempio a livello
logico.
5.
Le considerazioni appena fatte suggeriscono l'idea che l'informatica
sia anche trasversale alle discipline, e non sul piano tecnologico
(per la presenza del computer), ma su quello della formazione
culturale. E siccome si sostiene insistentemente che, specialmente
nella scuola di base, ci deve essere la trasversalità e
non tante isolette separate, l'informatica può costituire
proprio uno dei momenti in cui la trasversalità diventa
quasi d'obbligo. L'importante è che anche gli insegnanti
di lingua e di tutte le altre discipline si convincano, come gli
insegnanti di matematica, che l'informatica è trasversale.
Si cercherà di fornire alcuni spunti di riflessione in
tal senso nei successivi paragrafi di questo documento.
Trasversalità della
cultura informatica
Strumenti
linguistici
Logica
Strutture
e linguaggi per esprimere strutture
Equivalenze
fra strutture
Metalinguaggi
Potenzialità
risolutive del linguaggio
Strumenti
linguistici risolutivi dell'Informatica povera
Generalizzazione
Dati
e informazioni
Linguaggi
iconografici e linguaggi ideografici
Operatività
del linguaggio alfabetico
Linguaggi
basati su un alfabeto binario
Trasformazioni
fra linguaggi
Strumenti linguistici
Molte
questioni legate ai linguaggi sono pertinenti all'ambito informatico.
Per questo motivo alcuni collegamenti fra l'ambito linguistico
e quello informatico saranno ripresi nei paragrafi seguenti con
riferimento ad aspetti specifici. Qui ci limitiamo semplicemente
ad un sintetico elenco di argomenti che hanno rilevanza sia in
ambito linguistico sia in ambito informatico, anche se, va precisato
subito, a parità di terminologia nei due ambiti non corrisponde
sempre lo stesso concetto.
-
Elementi della comunicazione: trasmissione e ricezione del messaggio,
strumenti per comunicare, comunicazione uomo-macchina.
-
Alfabeto e codice: simboli e combinazioni di simboli, parole,
convenzionalità del codice.
-
Sintassi di un linguaggio: regole di cotruzione di frasi, formule
ben formate, programmi, struttura dei costrutti linguistici.
-
Semantica di un linguaggio: referente, significato, ruolo del
contesto, ambiguità.
-
Funzione delle frasi: frasi con funzione enunciativa, imperativa,
descrittiva, ecc.
-
Metalinguaggio: uso di un linguaggio per descrivere proprietà
sintattiche e semantiche relative a un altro linguaggio o al
linguaggio stesso.
Considerando
le questioni legate al linguaggio più in generale, si può
osservare che alla base della nostra cultura vi è sempre
stata una riflessione critica sulla realtà e sulla sua
percezione, riflessione che ha utilizzato come principale strumento
il linguaggio, soprattutto nella sua forma scritta: ogni descrizione
o spiegazione della realtà ha trovato la sua espressione
privilegiata attraverso questa forma linguistica. Come conseguenza
delle innovazioni tecnologiche degli ultimi decenni, soprattutto
nell'ambito dell'informatica, la percezione della realtà
sta diventando sempre più indiretta, in buona parte mediata
da macchine di varia natura. La gran mole di dati resi disponibili
ed elaborati dai nuovi strumenti tecnologici e la varietà
di linguaggi simbolici a cui ciascun individuo è esposto
fin dalla più giovane età sono accompagnate da una
sensibile riduzione degli spazi di riflessione critica. Così,
anche i linguaggi si stanno rapidamente trasformando in qualcosa
di diverso da ciò a cui eravamo abituati. In particolare,
il linguaggio scritto sta perdendo la sua preminenza assoluta
come strumento per descrivere e spiegare la realtà. Sarà
pertanto opportuno approfondire le caratterisitiche, le potenzialità,
ma anche i limiti delle nuove forme linguistiche in modo da consentire
una fruizione più consapevole e, per quanto possibile,
più creativa degli strumenti tecnologici, anche nell'ambito
delle discipline umanistiche ed artistiche.
Ritorno
a "Trasversalità"
Logica
Già
da molto tempo, e pressoché universalmente, si è
riconosciuto nella logica uno dei temi più ricchi di connessioni
interdisciplinari, in particolare con gli ambiti linguistico,
filisofico, matematico e informatico. Questo risulta evidente
anche dallo spazio che i libri di testo hanno dedicato all'argomento,
fin dai primi livelli di istruzione. Benché oggi si possono
ascoltare voci più critiche riguardo alla presupposta valenza
formativa della logica, soprattutto se calata nella scuola di
base, resta tuttavia il fatto che un minimo di dimestichezza con
enunciati e connettivi logici stanno alla base di qualunque attività
che affronti l'analisi e la ricerca di soluzioni algoritmiche
a problemi. Quando si introducono i connettivi logici è
interessante confrontare i modi in cui vengono utilizzati in informatica
e in matematica, piuttosto che in filosofia o nel linguaggio naturale,
evidenziando dove ci sono corrispondenze di significato nei vari
ambiti culturali e dove invece i significati si differenziano.
In questo modo la logica diventa un'occasione per realizzare attività
interdisciplinari.
Ritorno
a "Trasversalità"
Strutture
e linguaggi per esprimere strutture
Un'ulteriore
occasione di trasversalità è fornita dal concetto
di struttura, che è senza dubbio uno dei concetti fondanti
in ambito informatico. Non si può infatti fare informatica
se non si è capaci di cogliere e immaginare strutture.
L'informatica, intesa da questo punto di vista, contribuisce anche
a dare una formazione logica elevata, perché quando si
affrontano le strutture si affrontano nessi, relazioni, sequenzialità,
simultaneità. Oltre a saper cogliere le strutture, occorre
poi poterle tradurre sul piano linguistico, pervenendo a una forma
di comunicazione scritta. A tal fine, si deve saper scegliere
fra le varie forme linguistiche quelle che meglio delle altre
descrivono le strutture considerate.
Per
esempio, in una situazione in cui si analizza un brano con determinate
caratteristiche affinché gli allievi possano inventare
storie a ricalco è necessario che essi riconoscano la struttura
che deve poi essere applicata alle nuove storie con caratteristiche
simili. Lo stesso succede quando si esamina la struttura di una
poesia o di altre opere d'arte. In tutti questi casi l'allievo
deve individuare una struttura, per quanto semplificata, per poter
imitare l'artista. Benché ci sia chi sostiene che queste
operazioni mentali sono troppo elevate per l'età dei bambini
che frequentano la scuola elementare, riteniamo che educare a
cogliere le strutture possa comunque avere effetti estremamente
positivi, purchè i bambini siano motivati a fare queste
esperienze. Come ulteriore esempio, quando si risolve un problema
in matematica è opportuno evidenziare la struttura complessiva
della risoluzione e non limitarsi ad esprimere la sequenzialità
delle operazioni. Mettendo in evidenza solo la sequenzialità
delle operazioni, infatti, non si fa una buona educazione informatica
in quanto quella sequenziale è la struttura più
povera.
Oggi
si può dire che in un certo senso l'educazione ai linguaggi
per esprimere strutture, una volta affrontati soprattutto nell'ambito
della logica, è stata quasi assorbita dall'informatica.
Non per nulla nei libri della scuola elementare, anche nei libri
di lingua, si trovano molti diagrammi di flusso, molti diagrammi
ad albero, che servono precisamente a mettere in evidenza strutture
che con la lingua italiana difficilmente si potrebbero descrivere
in modo efficace.
Ritorno
a "Trasversalità"
Equivalenze
fra strutture
Nell'educazione
informatica bisogna portare lo studente a dominare le corrispondenze
tra strutture diverse, non le strutture prese individualmente
ma l'equivalenza fra strutture diverse. Anche questo è
un concetto estremamente importante: non basta cogliere la struttura
e saperla esprimere in una forma linguistica, ma anche capire
quando due strutture all'apparenza diverse sono fra loro equivalenti,
cioè pur non essendo uguali si equivalgono. Questo discorso
sul piano informatico è rilevante perché un linguaggio
informatico, in questo caso anche un linguaggio di programmazione,
non permette di esprimere efficacemente la soluzione di qualsiasi
problema. Di conseguenza, quando ci si trova di fronte ad una
situazione operativa in cui lo strumento linguistico non è
più adeguato, si deve trovare fra i tanti mondi linguistici
una forma equivalente che si presti meglio ad affrontare la specifica
situazione.
In
quest'ottica, l'uso dei diagrammi di flusso o dei diagrammi ad
albero come forme linguistiche che esprimono determinate strutture,
e che devono poi essere tradotte in un linguaggio di programmazione,
permette di affrontare il problema della corrispondenza fra strutture
e di acquisire la necessaria flessibilità per passare agevolmente
da un forma linguistica ad un'altra. Sul piano educativo questo
è un punto estremamente importante perché gli studenti
tendono ad evitare questo addestramento, cioè tendono a
pensare solo con una forma linguistica.
Nella
scuola di base il discorso sull'equivalenza delle strutture viene
portato avanti soprattutto nell'ambito dello studio di una lingua
straniera, facendolo diventare uno dei principi di alfabetizzazione.
Perché nella lingua straniera le traduzioni non vengono
fatte mettendo in corrispondenza parola con parola, ma mettendo
in corrispondenza struttura (per esempio sintattica) con struttura.
Ad una struttura in una determinata lingua corrisponde una struttura
diversa ma equivalente nell'altra lingua. Problematiche simili
si possono affrontare in tutte le discipline: se la soluzione
di un problema si esprime attraverso un determinato linguaggio,
come si può esprimere in un altro linguaggio? Con le stesse
strutture o con strutture diverse?
Ritorno
a "Trasversalità"
Metalinguaggi
Un
altro significativo strumento che ritroviamo nell'informatica
è quello del metalinguaggio. Ogni linguaggio può
infatti essere generativo di un linguaggio più potente
attraverso la creazione di strutture che sono equivalenti a quelle
presenti nella nostra mente. In particolare, è importante
mettere in risalto il ruolo del linguaggio come metalinguaggio
quando si usa una forma linguistica per esprimere come una struttura
possa essere tradotta in un'altra equivalente. In matematica,
scegliendo strumenti metalinguistici adeguati, si può mettere
in evidenza la struttura che ha permesso di risolvere il problema,
al di là della sequenzialità operativa. Tali strumenti
possono essere diagrammi ad albero o diagrammi di flusso, per
esempio, dove al posto dei dati numerici si rappresenta il significato
delle grandezze (che spesso sono implicite nei problemi).
Ritorno
a "Trasversalità"
Potenzialità
risolutive del linguaggio
Una
forma linguistica, nel momento in cui viene codificata e nel momento
in cui i codici vengono accettati, serve normalmente per comunicare
e la comunicazione avviene nel rispetto dei criteri di codifica
stabiliti. Quando esaminiamo un linguaggio da questo punto di
vista, lo stiamo esaminando come strumento di comunicazione. E
il linguaggio si ritrova in matematica come in logica, in informatica
come nelle scienze: ogni forma di sapere sviluppa le proprie competenze
linguistiche. Tuttavia c'è una differenza fra il linguaggio
inteso in senso logico, matematico, informatico e il linguaggio
inteso in senso linguistico. Nel secondo caso la principale preoccupazione
risiede nell'efficacia della comunicazione: questo è l'obiettivo
prioritario dell'esame da parte dei linguisti. E l'efficacia della
comunicazione talvolta si ottiene proprio non rispettando le regole
della sintassi, perché quando si parla di efficacia il
problema non è più il rigore ma il modo in cui si
riesce a far passare certi messaggi. Molte volte la forma linguistica
è tanto più efficace quanto meno le regole vengono
rispettate. Questa è un fenomeno importantissimo che permette
alle forme linguistiche (studiate nella cosiddetta comunicazione
antropologica) di evolversi costantemente, l'evoluzione traendo
impulso proprio dall'abbattimento di regole per creare nuove regole,
per ottenere una efficacia sempre maggiore. Questo è anche
l'obiettivo degli educatori di lingua e degli studiosi dei linguaggi
impegnati sul versante della comunicazione.
Per
quanto riguarda invece la matematica, per quanto riguarda le scienze,
il rigore diventa un fatto fondamentale, il mancato rispetto delle
regole compromette la comunicazione. E questa è una distinzione
rilevante: i linguaggi delle discipline scientifiche non hanno
solo potenzialità e finalità comunicative, ma anche
potenzialità e finalità di natura risolutiva (prescrittiva,
operativa). Ciò significa che questi linguaggi forniscono
strumenti per risolvere i problemi, in qualche modo automaticamente.
E la risoluzione automatica attraverso le forme linguistiche è
un altro dei fondamenti dell'informatica. A dire il vero anche
i linguaggi naturali forniscono strumenti che a volte permettono
di risolvere problemi. Ma in matematica, tra tanti potenziali
linguaggi, tutti in grado di esprimere in modo corretto gli elementi
che devono essere espressi, quale linguaggio si preferisce? Quello
che, oltre alla correttezza, dà i migliori strumenti per
risolvere "automaticamente" i problemi in esame. Si
prenda come esempio la scrittura dei numeri con la notazione Romana
e quella con le cifre Arabe. Entrambi sono modi per comunicare
correttamente i numeri in forma scritta. Ma se scriviamo gli operandi
di una divisione o di una moltiplicazione come li avrebbero potuti
scrivere i Romani, comunichiamo senza dubbio le quantità
del dividendo e del divisore, ma poi come facciamo a trovare il
quoziente o il resto utilizzando quella scrittura? Si tratta di
un ottimo strumento di comunicazione, ma non ha in sé potenzialità
risolutive tali da introdurre degli automatismi. Attraverso le
cifre Arabe e la corrispondente notazione posizionale, la soluzione
di questo tipo di problemi può invece essere affrontata
basandosi su meccanismi "algoritmici".
Nella
scuola, e in particolare in quella elementare, la lingua è
utilizzata prevalentemente sul versante espressivo. Anche quando
si insegnano le tecniche di calcolo, in genere non si mette nella
dovuta evidenza dove sta la potenzialità risolutiva del
linguaggio utilizzato e in che senso. Molta parte dell'informatica,
invece, si è sviluppata in relazione alle forme linguistiche
con potenzialità risolutive, basti pensare ai linguaggi
di programmazione. I costrutti if-then-else, while-do, repeat-until,
ecc. sono di fatto strumenti che permettono di risolvere automaticamente,
sono macrostrutture dotate di potenzialità risolutiva.
Basta scriverle per risolvere un problema.
Ritorno
a "Trasversalità"
Strumenti
linguistici risolutivi dell'Informatica povera
Uno
degli obiettivi principali dell'informatica è quello di
risolvere problemi: è al fine di risolvere problemi che
si affrontano i principi della programmazione. Ci sono strumenti
linguistici anche nell'informatica povera che permettono di "risolvere"
alcune classi di problemi. I diagrammi ad albero, per esempio,
non sono solo uno strumento espressivo, ma anche uno strumento
risolutivo. Tradizionalmente un problema viene inizialmente risolto
in modo sequenziale. Per educare anche all'informatica, e per
educare alle strutture, è opportuno poi esprimere in che
relazione sono stati posti fra di loro tutti gli elementi in gioco,
e per fare questo l'insegnante può costruire un albero.
A questo punto si è svolto un lavoro organizzativo, mettendo
in evidenza la struttura risolutiva, a partire dai dati per arrivare
alla risposta. L'uso del linguaggio in questo senso è ancora
espressivo, non risolutivo: chiarisce una cosa che è già
conosciuta e ha finalità comunicativa.
Con
il raggiungimento della reversibilità del pensiero, già
nel secondo ciclo delle elementari, si può passare dalla
pura espressione di un procedimento risolutivo che si è
applicato alla prescrizione del procedimento in sé. Va
comunque tenuto presente che esistono due età mentali diverse,
alle quali corrispondono fasi linguistiche diverse. Partendo dai
sette anni e mezzo, si può proporre lo strumento linguistico
dei diagrammi ad albero semplicemente in funzione espressiva.
Solo verso la fine della quarta si può cominciare a chiedere
al bambino se prima di fare le operazioni è capace di disegnare
il diagramma che rappresenta la risoluzione. L'utilizzo del linguaggio
in veste risolutiva è invece appropriato dopo i nove anni
e mezzo. Prima di quell'età non si può contare sulla
necessaria reversibilità del pensiero; se invece di dare
il problema in forma numerica lo si dà in termini di grandezze,
non accompagnate da numeri, per i bambini questo può significare
che non si è in grado fare operazioni, e quindi non ci
sono nemmeno le basi per pensare in termini operativi.
Il
linguaggio visto sotto il profilo risolutivo sta alla base di
tutta la programmazione. Non si risolve il problema facendo le
operazioni, ma indicando in che modo si devono succedere le operazioni.
Poiché il calcolo lo farà eventualmente il computer,
si deve solo indicare la struttura che permette di giungere alla
risoluzione del problema. I diagrammi ad albero possono costituire
una delle prime esperienze di programmazione, e si può
fare molta informatica in questo modo. Più tardi si incontreranno
alcuni problemi che non si risolvono semplicemente per mezzo di
operazioni aritmetiche, ma richiedono confronti e scelte conseguenti
ai risultati dei confronti. E via via per quanto riguarda altri
costrutti sempre più sofisticati. I diagrammi ad albero
però colgono un nesso solo di tipo "operazione binaria"
(o poco più) e non si prestano ad altri costrutti che hanno
a che fare con la programmazione. Opportuni diagrammi risolutivi
sono allora i diagrammi di flusso, o in alcuni casi i diagrammi
a blocchi, ecc. Tuttavia, per quanto riguarda la scuola elementare
e la scuola media, anche questi diagrammi devono essere affrontati
nello spirito dei linguaggi prima visti come strumenti espressivi,
poi fatti diventare strumenti risolutivi.
Anche
ai fini della programmazione, la soluzione di un problema si dovrebbe
dapprima affrontare attraverso diagrammi di flusso o schemi a
blocchi) cioè sulla carta. Solo quando questa fase è
terminata si utilizzeranno i diagrammi (gli schemi) come traccia
per tradurre l'algoritmo nel linguaggio di programmazione prescelto,
sia esso il Pascal, il C, Java o un altro linguaggio. E con l'operazione
di traduzione siamo di fronte a quella forma di educazione informatica
che è stata già individuata, importantissima, che
è la corrispondenza tra le strutture. Questo lavoro può
essere fatto verso la fine della scuola media e all'inizio delle
superiori. È un lavoro importante che gli insegnanti potrebbero
fare sempre, non consentendo agli studenti di mettersi al computer
e di improvvisare la soluzione lavorando direttamente con un linguaggio
di programmazione. È sempre meglio, sul versante formativo
ed educativo, far risolvere il problema prima nella sua essenzialità
con gli strumenti linguistici propri dell'informatica povera (su
carta, quindi) e poi tradurlo applicando le corrispondenze tra
strutture e aggiungendo i dettagli peculiari dei linguaggi adatti
alle macchine (come, per fare un esempio, le dichiarazioni, che
non si trattano con i diagrammi di flusso). Inoltre, i diagrammi
di flusso educano a riesaminare la soluzione proposta passo dopo
passo, analizzando accuratamente il processo risolutivo.
Ritorno
a "Trasversalità"
Generalizzazione
Saper
generalizzare è un altro dei fondamenti dell'educazione
informatica. Generalizzare i problemi significa evitare che un
problema sia risolto in modo contingente, solo per quei particolari
dati, e cercare una strategia risolutiva che vada bene per un
gran numero di problemi correlati, capire che si sta risolvendo
una classe di problemi. Perché poi la programmazione non
è finalizzata a risolvere un problema, ma una classe di
problemi. Bisogna comunque prestare attenzione al fatto che generalizzare
non significa solo sostituire un numero con la grandezza corrispondente,
benché si tratti già di una generalizzazione, ma
signifili insegnanti di matematica come nel passato? Per gli insegnanti
di lingua, per esempio, ci sono degli agganci per un motivo molto
semplice: tutto ciò che ha a che fare con l'informatica
ha a che fare con gli strumenti linguistici. Anche se si ritiene
che la lingua sia cosa diversa rispetto ai linguaggi, agli strumenti
linguistici, posizione per molti versi condivisibile, in ogni
caso restano degli agganci a diversi livelli, per esempio a livello
logico.5. Le considerazioni appena fatte suggeriscono l'ideato
problema non può essere risolto con quel algoritmo. La
capacità di prevedere quali sono i casi in cui un algoritmo
non può essere applicato presume una modalità di
ragionamento piuttosto sofisticata, che non si affronta nella
scuola elementare. A quell'età si può introdurre
la generalizzazione nella sua forma più elementare, semplicemente
dando dei nomi alle grandezze, ma senza porre condizioni. Nella
scuola media è invece opportuno cominciare a rendere il
bambino consapevole del fatto che se capita una particolare combinazione
di dati l'algoritmo che avevo congegnato non risolve il problema.
Ritorno
a "Trasversalità"
Dati
e informazioni
Un
problema che è interessante porsi riguarda la differenza
fra dato e informazione. Almeno per gli educatori dovrebbe essere
una distinzione fondamentale. Se qualcuno ci propone una comunicazione
scritta, leggiamo le stesse frasi, le stesse parole, ma nella
nostra mente non si forma lo stesso tipo di comprensione, cioè
non vi leggiamo esattamente la stessa informazione. Che cosa è
accaduto? E' accaduto che ciascuno di noi interpreta quanto trova
scritto in un modo un po' diverso. Quanto è scritto è
il dato; l'interpretazione è invece l'informazione. Ciò
che viene trasmesso dagli insegnanti agli allievi, come ciò
che viene trasmesso da questo testo a chi lo legge è costituito
da un insieme di dati, non da informazioni. E' solo la cultura
di chi riceve i dati, la sua esperienza, il suo passato, che li
può far diventare informazioni, ma se dovesse mancare una
forma di cultura, allora i dati sarebbero ricevuti esclusivamente
come tali. Quando si intende comunicare, in genere si pensa in
termini di informazione, ma nella realtà vengono trasferiti
solo dati; l'informazione sta nel modo in cui i dati vengono tradotti
nella mente di chi li riceve e nel significato che vi assumono.
Analogamente,
la distinzione fra dati e informazioni è importante nel
caso in cui operiamo con un computer. Utilizzando il computer
noi lavoriamo prevalentemente con dei dati rappresentabili all'interno
del computer, dati che dovrebbero tradursi in informazioni, ma
non è detto che ciò accada. Si può dire che
una delle principali differenze fra informatica e semplice studio
del computer, come oggetto tecnologico, sta nel fatto che nell'informatica
c'è sempre il significato delle cose. Il computer opera
esclusivamente sui dati: esso legge, scrive, riceve, invia, cancella,
modifica, elabora dati e questo può avvenire in modo puramente
meccanico, al di là del significato che i dati assumeranno
per noi. È importante far capire questa distinzione agli
studenti delle superiori, in quanto per gli allievi della scuola
elementare e della scuola media questi discorsi sono troppo impegnativi.
La comprensione di come siano correlati il piano sintattico (dei
dati e delle elaborazioni meccaniche) e il piano semantico (dell'interpretazione
dei dati, dei risultati dell'elaborazione e dei processi computazionali)
è in ogni caso un problema fondamentale della formazione
informatica, anche all'università. Anche qui la questione
dei linguaggi è importante, perché attraverso le
forme linguistiche noi lavoriamo con dei segni e questi segni
costituiscono dei dati, mentre le informazioni sono le interpretazioni
che diamo ai segni.
Ritorno
a "Trasversalità"
Linguaggi
iconografici e linguaggi ideografici
Alla
base della maggior parte dei linguaggi c'è una convenzione.
Esistono però alcune forme linguistiche che non richiedono
una vera e propria base convenzionale: ad esempio i linguaggi
di natura iconografica. Un linguaggio iconografico è un
linguaggio che dovrebbe comunicare delle informazioni attraverso
la forma, l'immagine, l'icona appunto. Quindi la percezione dell'immagine
dovrebbe immediatamente richiamare l'informazione, sempre che,
nell'esperienza di chi legge l'iconogramma, quella forma sia associata
a dei vissuti. Il linguaggio iconografico, per questo motivo,
è uno dei linguaggi più primitivi, ma anche fra
quelli più costantemente usati nello sviluppo della civiltà.
È un linguaggio abbastanza immediato, ma ha dei limiti
che non ne consentono lo sviluppo oltre a un certo punto. Innanzitutto
non tutte le cose che possiamo avere nella mente hanno una forma.
Per
superare questo ostacolo si sono inventati dei segni che vengono
messi convenzionalmente in corrispondenza a quei concetti. Ma
ciò significa passare da un linguaggio iconografico a un
linguaggio ideografico. E il linguaggio ideografico è un
linguaggio che comincia a svincolarsi dall'apparenza della realtà.
Il linguaggio ideografico perciò è un linguaggio
che finalmente ha la potenzialità di esprimere ogni aspetto
dell'esperienza. Tuttavia, esso determina a sua volta dei problemi,
almeno alla luce delle funzioni che il linguaggio è venuto
ad assumere nella cultura occidentale. I Cinesi e i Giapponesi
hanno già sperimentato questo tipo di problemi, in particolare
il gigantismo, che significa che ogni concetto nuovo deve avere
un segno nuovo diverso da tutti gli altri già esistenti.
Ma allora la capacità di distinguere i segni grafici è
una capacità che richiede un notevole addestramento e una
notevole intelligenza. Per esempio, nel linguaggio Cinese ci sono
circa 90.000 segni; tuttavia è stato dimostrato che la
capacità umana, per tanto che sia sviluppata, difficilmente
può arrivare a distinguere più di 16.000 segni.
Distinguere meno di 16.000 segni su 90.000 a disposizione significa
che un Cinese non può leggere tutti i documenti che ha
prodotto la sua cultura.
Inoltre,
il gigantismo impedisce lo sviluppo di strumenti di comunicazione
come la tipografia, perché classificare un numero di caratteri
tipografici dell'ordine di 90.000, per poi potervi accedere al
momento in cui servono non è certo un problema da poco.
È possibile poi sviluppare una macchina da scrivere con
questo tipo di scrittura? E la tastiera del computer come dovrebbe
essere fatta? È di nuovo interessante osservare come certe
forme linguistiche, per la loro natura, impediscano di fatto anche
lo sviluppo di certe tecnologie di comunicazione. Perciò
non possiamo dire che qualunque forma linguistica vada altrettanto
bene dal punto di vista informatico.
Come
vedremo, i linguaggi basati su un alfabeto presentano un notevole
vantaggio rispetto a quelli iconografici e ideografici in quanto
permettono di introdurre l'operatività. Tuttavia i linguaggi
iconografici e ideografici sono preferibili in determinati contesti
perché consentono una maggiore immediatezza di lettura
e interpretazione. Per questo motivo, per esempio, la segnaletica
stradale è un linguaggio che utilizza ideogrammi (molti
dei quali sono di fatto anche iconogrammi), e solo raramente introduce
informazioni in linguaggio alfabetico. Nella segnaletica stradale,
infatti, la comunicazione deve essere immediata e non può
essere condizionata dai tempi di lettura dei linguaggi alfabetici:
l'ideogramma in quel caso è estremamente più efficace.
Ritorno
a "Trasversalità"
Operatività
del linguaggio alfabetico
Le
forme linguistiche a cui siamo abituati, fondate sugli alfabeti,
sono più adatte ad esprimere ogni cosa senza la fatica
di ricordare troppi segni. I segni sono pochi, si riconoscono
e si distinguono facilmente in base al loro aspetto grafico. Il
significato non è invece affidato al segno (l'alfabeto
è composto da segni senza significato), ma al modo in cui
si combinano i segni, cioè si introduce il concetto di
parola. Questa modalità di costruire le forme linguistiche
rende il linguaggio estremamente più adatto a realizzare
elaborazioni, più adatto ad una forma di operatività,
proprio per come è stato congegnato attraverso combinazioni
di segni.
I
vantaggi della forma alfabetica sono evidenti e in particolare,
è opportuno sottolineare il ruolo del linguaggio alfabetico
nel realizzare tutte le possibilità di comunicazione a
distanza. In sostanza, con un linguaggio alfabetico è possibile
esercitare la lettura e la scrittura non obbligatoriamente associata
alla comprensione, cosa che con gli altri linguaggi non poteva
accadere. Il concetto è molto importante, e in particolare
dal punto di vista informatico: è possibile svincolare
la comprensione dalla lettura e dalla scrittura, la semantica
dalla sintassi, fino al punto in cui la lettura e la scrittura
possono realizzarsi anche attraverso delle macchine, che ovviamente
non capiscono. Il linguaggio alfabetico diventa così un
fondamento dall'elaborazione dei dati, elaborazione che può
avvenire nelle macchine a livello puramente sintattico, mentre
l'interpretazione resta di pertinenza degli operatori umani consapevoli
del significato dei dati e delle operazioni su di essi.
Ritorno
a "Trasversalità"
Linguaggi
basati su un alfabeto binario
Un'altra
importante conseguenza dell'introduzione dei linguaggi alfabetici
consiste nella possibilità di definire linguaggi basati
su due soli simboli, in qualche modo portando all'estremo l'idea
di definire tutte le parole utilizzando combinazioni di pochi
simboli diversi. Questo modo di operare risulta particolarmente
vantaggioso nel caso in cui si vogliono utilizzare delle macchine,
poiché il mondo fisico fornisce numerosi esempi di grandezze
che possono assumere due valori chiaramente distinti e perciò
adatti a rappresentare su un supporto fisico concreto i due segni
dell'alfabeto. Ne sono esempio il nord e il sud magnetico, presi
come segni; la proprietà di riflettere o meno; la presenza
o meno di tensione, oppure la tensione positiva o negativa; il
passaggio o meno di corrente. In ognuno di questi casi si possono
usare le grandezze fisiche binarie per rappresentare parole di
un linguaggio basato su un alfabeto binario. L'alfabeto nord/sud,
l'alfabeto passa/non-passa, e così via, sono alfabeti diversi
ma fra loro perfettamente equivalenti. Quando non siamo interessati
ad entrare nello specifico della grandezza coinvolta, noi sintetizziamo
il fatto che l'alfabeto è binario utilizzando i simboli
0 e 1 che diventano il nostro alfabeto di riferimento.
Ritorno
a "Trasversalità"
Trasformazioni
fra linguaggi
I
linguaggi basati su un alfabeto binario non si prestano alla comunicazione
se questa coinvolge interlocutori umani. Pertanto, si presenta
la necessità di tradurre da linguaggi ad alto livello più
adatti alle modalità comunicative umane (con alfabeti più
ricchi) a linguaggi più adatti alle modalità di
funzionamento delle macchine, e viceversa. Anche tale compito
viene normalmente delegato alle macchine e automatizzato, quantomeno
se i linguaggi ad alto livello sono comunque linguaggi artificiali,
concepiti allo scopo di interagire con le macchine. Anzi, si può
forse dire che la maggior parte del lavoro che il computer normalmente
svolge consiste proprio nel tradurre linguaggi (artificiali) in
altri linguaggi artificiali collocabili a un diverso livello di
astrazione. È questa, in particolare, la funzione delle
interfacce, il cui ruolo è mettere in comunicazione mondi
che hanno forme linguistiche diverse. In ogni elaboratore ve ne
sono moltissime e ognuna di esse realizza un passaggio da un forma
linguistica ad un'altra forma linguistica (e sulla base di corrispondenze
strutturali).
Ritorno
a "Trasversalità"
|